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CANTA CHE TI PASSA MA E’ MEGLIO SE IMPARI A FARLO

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I benefici psicofisici del canto sono documentati dalla scienza. E aumentano quando si padroneggia la tecnica

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Testo di Roberta Camisasca

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Cantare aumenta l’ossigenazione nel sangue – che avviene attraverso i globuli rossi (sopra) grazie all’emoglobina – e sembra diminuire il rischio di ipercolesterolemia e di malattie cardiovascolari.

Cantare sotto la doccia è liberatorio. Anche in auto da soli, a squarciagola, con il volume al massimo. O in un locale di karaoke con gli amici, microfono in mano e testo che scorre sul monitor. Il risultato è sempre lo stesso: una scarica di endorfine, gli ormoni della felicità, che si verifica ogni qualvolta facciamo qualcosa di divertente, che ci rallegra e ci fa stare bene.
«A quasi tutti piace cantare, da sempre e di tutto, dal canto popolare alla canzone leggera, perfino la lirica», conferma Franco Fussi, specialista in foniatria e otorinolaringoiatria, responsabile scientifico del master in vocologia dell’Università di Bologna.
«Si racconta che, durante il Carnevale del 1813 a Venezia, persino i gondolieri fischiettassero il motivo dell’aria “Di tanti palpiti” del Tancredi di Rossini il giorno dopo la sua prima esecuzione.
Partecipare a un’attività corale è socializzante, amplifica l’appartenenza a un gruppo, stimola la creatività e la solidarietà, sviluppa la capacità di relazione interpersonale, riduce l’ansia». Ma perché questo irrefrenabile desiderio di lasciarsi andare? «Durante il canto il cervello rilascia endorfine, che risollevano l’umore e alleviano tristezza e irritabilità, e ossitocina, che aiuta a ridurre l’ansia e aumenta l’autostima».
Una cura naturale, semplice e alla portata di tutti, per ridurre lo stress e dimenticare, almeno per qualche minuto, pensieri e preoccupazioni.

AUMENTA L’OSSIGENAZIONE NEL SANGUE
Anche sulla salute i benefici sono documentati. «Cantare è un’attività aerobica», sottolinea Fussi. «Aumenta l’ossigenazione nel sangue e sembra contribuire alla diminuzione del rischio di ipercolesterolemia e malattie cardiovascolari». I benefici raddoppiano se a una indispensabile dose di entusiasmo si aggiunge la tecnica giusta. Quella che solo un professionista può offrire. Fussi, oltre a essere uno specialista della voce, è anche consulente di importanti teatri italiani e accademie d’arte lirica e canto moderno. Collabora con i più famosi cantanti pop e lirici, da Laura Pausini ad Andrea Bocelli.
«Nel momento in cui l’attività vocale, anche amatoriale, diventa frequente, la mancanza di una preparazione adeguata può provocare danni da surménage o malménage (sovraccarico o mal utilizzo)», spiega. «Una guida professionale non solo aiuta a ottenere il miglior risultato al minor costo, ma protegge la salute e amplifica i benefici psicofisici del canto».
Seguire un corso è l’ideale, magari preceduto da un counseling (consulenza professionale) e da un ciclo di terapia logopedica. Opportuna anche una visita foniatrica, per assicurarsi che l’organo sia in buono stato e non vi siano controindicazioni.
«È come alzare il cofano dell’auto per vedere se il motore è a posto, prima di accenderlo e partire», afferma l’esperto. «La consapevolezza d’uso dello strumento è essenziale anche per un cantante amatoriale: permette di dilettarsi con tutte le tipologie di canto, corale o solistico, pop o classico, di musical theatre o rock, con la garanzia di non procurarsi danni».

UN MIX DI PASSIONE E TALENTO
Ma non si dice sempre che basta la passione? Un esempio su tutti: il soprano Florence Foster Jenkins (1868-1944), famosa per la sua completa mancanza di doti canore. Passò la sua vita a esibirsi, orgogliosa e appagata, nonostante le risa del pubblico e le critiche feroci. Dalla sua storia è stato tratto anche un film con Meryl Streep (Florence, nel 2016).
«Esiste una componente innata, una predisposizione naturale al canto in quanto atto motorio che prevede la coordinazione fra tre apparati: respiratorio, laringeo e risonanziale», chiarisce Fussi. «Si tratta di coordinamento muscolare come per qualsiasi sport ed esistono apparati più favoriti di altri, anche per costituzione tessutale. C’è poi una disposizione detta “sovra segmentale”, cioè la capacità espressiva, il talento personale. Quello che oggi viene chiamato “X Factor”.
Ma queste capacità, per manifestarsi e svilupparsi, hanno bisogno dell’apprendimento di una tecnica solida, attraverso lo studio e l’allenamento».
Lo ha dimostrato anche uno studio delle università di Northwestern e Buffalo di New York, che hanno rilevato, con un esperimento, come gli adulti che imparano a cantare da piccoli perdano questa capacità se smettono di allenarsi. C’è un altro aspetto. «Una percentuale di chi viene definito “stonato” (circa il 4%, ma potrebbero essere di più) soffre in realtà di un disturbo neurologico, l’amusia, causata da un’anomalia cerebrale», svela il foniatra. «Consiste nell’incapacità di comprendere la musica, eseguirla e rispondere emotivamente a essa. Ne soffriva anche Che Guevara: durante una festa, si trovò a ballare un tango mentre in sala stavano suonando musica di tutt’altro genere. Siccome non è un problema che si inquadra facilmente, molti amusici finiscono con l’essere etichettati come stonati. Ma i veri stonati, a differenza degli amusici, percepiscono chiaramente di non azzeccare una nota. È possibile compensare il deficit dell’amusia addestrando le proprie capacità di discriminazione delle frequenze, ma soltanto se il cervello è plastico, come, per esempio, nel caso dei bambini».

L’AIUTO DEL COACH
L’insegnamento del canto non è regolamentato in Italia, per cui nella miriade delle offerte, comprese quelle sul web, è essenziale non affidarsi al caso. «Il titolo non è una garanzia: lo è soprattutto la capacità didattica del professionista», sottolinea lo specialista. «Aver compiuto uno o più percorsi formativi di un certo livello assicura il possesso di una consapevolezza pedagogica accurata.

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Esistono, infatti, specie nel canto moderno, svariate metodologie di approccio, più appropriate per alcuni stili che per altri. Se dopo tre mesi di lezioni vi sono affaticamenti, alterazioni vocali o scarsa progressione tecnica, è il caso di rivolgersi a un altro docente, magari chiedendo consiglio al medico foniatra o al logopedista». Fondamentale l’esercizio a casa. «Per automatizzare una funzione atletica come quella del canto è necessario mantenere l’organo in esercizio quotidianamente, magari per mezz’ora», conclude lo specialista in foniatria. «A chi mi chiede quanto tempo serve, rispondo che non si finisce mai di imparare: anche i grandi artisti continuano il loro lavoro di formazione. Tuttavia, una volta in possesso di una minima base tecnica, si aprono già tante possibilità di espressione. A questo punto si potrà decidere se intraprendere un’attività amatoriale, semi-professionale o professionale».

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Corde vocali: un po’ di anatomia

Le corde vocali sono gli organi centrali nel processo di fonazione: si presentano come ripiegature della mucosa laringea, di colore bianco perla, convergenti tra loro nella parte anteriore e divergenti nella parte posteriore.

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Si trovano nella regione mediana della laringe e costituiscono quella sorta di strettoia che, vibrando, permette la modulazione dell’aria e consente la produzione del suono parlato e cantato. Nella respirazione «normale», le corde restano in posizione distante tra loro per permettere all’aria di passare. Nel processo di fonazione invece si avvicinano formando una stretta fessura attraversata dall’aria che, passando, le fa vibrare, sviluppando un’onda sonora amplificata grazie agli spazi di risonanza, che hanno anche il compito di variare il timbro della voce. La qualità e l’estensione della voce, quindi, dipendono dalla lunghezza e dalla tensione delle corde vocali e dalla loro regolare vibrazione.

Sette regole di manutenzione della voce

Oltre a prevenire le lesioni delle corde vocali legate all’uso continuativo, è importante mettere in pratica misure di prevenzione e igiene utili a mantenerle in salute. Ecco sette regole consigliate da Franco Fussi, specialista in foniatria e otorinolaringoiatria, responsabile scientifico del master in vocologia dell’Università di Bologna.

1- Esegui un controllo laringostroboscopico all’anno e riserva circa un mese all’anno al riposo vocale.
2- Non trascurare raffreddori e piccoli disturbi. La salute delle corde vocali è condizionata dallo stato di salute generale e da eventuali mali di stagione, stress, allergie e affezioni gastrointestinali come il reflusso faringolaringeo che, irritando le corde vocali, impoverisce il timbro.

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3- Bevi molta acqua. Una mucosa disidratata fa in modo che sulla superficie delle corde vocali venga a mancare il film idro-lipidico che mantiene lubrificata la corda e la fa ondeggiare in maniera libera, naturale e senza sforzi. È importante bere in modo continuativo e non solo prima di cantare: l’acqua viene assorbita dall’intestino e passa nella circolazione sanguigna prima di arrivare alle corde vocali. Due litri è la quantità ideale, che si traduce in circa otto bicchieri da distribuire durante la giornata.

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4- Fai gli sciacqui con acqua e sale o bicarbonato di sodio tutti i giorni: rendono la voce più limpida; gli infusi a base di erisimo, detta anche erba del cantante (nella foto sopra), sono invece utili ad alleviare le irritazioni della mucosa. Infine, tenere una garza bagnata sotto al naso serve a inumidire le mucose.
5- Non fumare: chi è abituato alle sigarette presenta corde vocali ingrossate, responsabili di un timbro vocale modificato e difficoltà respiratorie. Anche bevande bollenti e cibi acidi favoriscono irritazione e disidratazione delle corde vocali.
6- Riscalda sempre la voce prima di cantare. Entrare in azione di colpo, da uno stato di freddo iniziale, scatena una reazione protettiva dei muscoli della gola che serve a fronteggiare il rischio di lesione. La lunghezza del riscaldamento dovrebbe essere inversamente proporzionale alla durata della performance: breve in previsione di poche canzoni, fino a un’ora per lunghe sessioni. Alcuni artisti trovano utile eseguire anche un blando riscaldamento ogni mattina.
7- Evita pastiglie balsamiche a base di mentolo ed erisimo che, in stati di normalità, possono creare disidratazione e indurimento della voce. Rischioso anche l’abuso di antidolorifici, che potrebbero mascherare i primi segnali di sforzo vocale.

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SI RINGRAZIA OK SALUTE & BENESSERE PER AVER AUTORIZZATO LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO

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SCOMPENSO CARDIACO, LA DISFUNZIONE DIASTOLICA AIUTA A PREDIRE IL RISCHIO DI EVENTI AVVERSI E MORTE

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Comunicato stampa

Scompenso cardiaco, la disfunzione diastolica aiuta a predire il rischio di eventi avversi e morte

La disfunzione diastolica, un parametro rilevabile mediante un semplice ecocardiogramma, è in grado di predire eventi avversi in pazienti con scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione e andrebbe inserita nelle linee guida come “score” di rischio. Sono le conclusioni cui sono giunti i cardiologi del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in collaborazione con i colleghi ricercatori di Boston e di altri centri europei e statunitensi, dall’analisi dei dati su un’ampia casistica di oltre 1.000 pazienti.

Bergamo, 11 maggio 2021 – Lo studio è stato di recente pubblicato su International Journal of Cardiology, una rivista scientifica influente in campo cardiovascolare. I risultati dello studio suggeriscono di aggiornare le linee guida che i cardiologi di tutto il mondo seguono per predire i ricoveri per scompenso cardiaco o il rischio di decesso nei pazienti con scompenso cardiaco, la seconda causa di morte in Italia ogni anno.
Nel corso della vita, una persona su cinque è a rischio di sviluppare questa condizione cardiovascolare, che consiste nell’incapacità del cuore di pompare quantità di sangue sufficienti nell’organismo. Oggi gli specialisti cardiologi riescono a classificare, per ciascun paziente, una stima approssimativa della prognosi negli anni a venire, grazie ad algoritmi predittivi che si basano su alcuni parametri, i cosiddetti “score di rischio” prognostico. Secondo questo studio, gli algoritmi andrebbero ora aggiornati, comprendendo la disfunzione diastolica, un parametro che può essere sempre rilevato dagli esami ecocardiografici di controllo.
“Con i colleghi ricercatori di Boston abbiamo valutato la probabilità di eventi avversi, tenendo in considerazione i fattori di rischio usati nella pratica clinica, di 1.155 pazienti affetti da scompenso cardiaco a ridotta frazione di eiezione – ha spiegato Mauro Gori della Cardiologia del Papa Giovanni e “principal investigator” dello studio. I nostri dati dimostrano come proprio la disfunzione diastolica rappresenti il primo fattore da usare per stratificare il rischio di questi pazienti, meglio di quanto si possa fare con parametri di uso comune, quali i peptidi natriuretici. In tutti i sottogruppi, la disfunzione diastolica si è rivelata un grande fattore prognostico indipendente di scompenso cardiaco o decesso in pazienti con frazione di eiezione ridotta. Questo apre a una considerazione utile per noi specialisti. Va tenuto in considerazione questo dato quando si valutano le condizioni di un paziente per stabilire il programma terapeutico più efficace”.
Lo studio è nato dal vivace rapporto di collaborazione scientifica tra l’ospedale di Bergamo ed i ricercatori del Dipartimento Cardiovascolare del Brigham and Women’s Hospital (BWH) di Boston, tra cui il direttore della Cardiologia non invasiva Scott David Solomon, professore alla Harvard Medical School.
Il Papa Giovanni è centro di riferimento per lo scompenso cardiaco in fase avanzata o acuta e per pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico, sia a funzione sistolica ridotta che preservata. Trattiamo i pazienti con terapie multi-farmacologiche individualizzate, sistemi di assistenza respiratoria e/o di circolo, tecniche di ultrafiltrazione o di dialisi, terapia elettrica, impianti di assistenza ventricolare – ha sottolineato Michele Senni, direttore della Cardiologia e direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’ASST Papa Giovanni XXIII -. Studi come questo hanno una ricaduta clinica immediata. Inseriremo infatti fin da subito nei nostri protocolli la misurazione della disfunzione diastolica come elemento da considerare per la definizione della prognosi e delle terapie per i nostri pazienti”.
“Tra il nostro ospedale e quello di Boston è in atto da tempo una relazione che si basa sulla ricerca clinica in campo cardiovascolare e su esperienze di fellowship negli Stati Uniti di nostri medici specialisti – ha commentato Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII -. E’ da collaborazioni come questa che scaturiscono risultati importanti per individuare le cure più efficaci per i nostri pazienti”.

BIBLIOGRAFIA
International Journal of Cardiology: “Combining diastolic dysfunction and natriuretic peptides to risk stratify patients with heart failure with reduced ejection fraction” – Mauro Gori, Brian Claggett, Michele Senni, Dorit Knappe, Ann-Catherine Pouleur, Scott D. Solomon
DOI: https://doi.org/10.1016/j.ijcard.2021.04.028

Davide Cremaschi
Cell. +39 348.0809251
comunicazione@asst-pg23.it
www.asst-pg23.it

UFFICIO STAMPA ASST Papa Giovanni XXIII
Piazza OMS, 1 – 24127 Bergamo – Tel. 035.267111
www.asst-pg23.itprotocollo@asst-pg23.itufficioprotocollo@pec.asst-pg23.it

Mauro GoriMauro Gori – Cardiologia del Papa Giovanni

foto senniMichele Senni – Direttore Cardiologia e Dipartimento Cardiovascolare
ASST Papa Giovanni XXIII

ARITMIE E SPORT: Guida pratica per la popolazione di ogni età

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A cura dell’Associazione Nazionale per le Aritmie

 

 

Presentazione
I recenti casi di arresto cardiaco (AC) e di morte improvvisa “sul campo” di atleti professionisti nel pieno vigore delle loro forze, ripresi televisivamente, con diffusione mediatica planetaria, hanno provocato una immensa emozione anche al di fuori del mondo dello sport e suscitato angosciosi interrogativi.
Molti hanno così appreso che nell’atleta competitivo possono esserci aritmie cardiache in taluni casi mortali, con un ruolo determinante sulla comparsa dei drammatici eventi cardiaci sul campo, frequentemente dovuti a destabilizzazione elettrica ed aritmica di cuori precedentemente affetti da patologie aritmogene silenti o non riconosciute. Contemporaneamente sono stati posti interrogativi sulla possibilità di identificare i pochi casi ad alto rischio aritmico nella vasta popolazione di atleti competitivi professionisti od amatoriali in attività (rispettivamente circa 6 e 12 milioni in Italia). Questi interrogativi riguardano in particolare l’esistenza di regole istituzionali, misure organizzative e metodologie diagnostiche utilizzabili a tale fine. Vasta risonanza ha anche trovato nei media la problematica della defibrillazione e rianimazione cardiaca precoce e corretta negli ambienti dove si svolgono le attività sportive.
L’Associazione Nazionale ANA-ARITMIE, affiliata alla Arrhythmia Alliance inglese che spopola in Gran Bretagna, che ha come scopo principale quello di promuovere la comprensione, la diagnosi, il trattamento delle aritmie cardiache e migliorare la qualità di vita in chi ne soffre, ha così preparato questo Opuscolo informativo dedicato a tutti coloro che effettuano attività sportiva.
Il libretto è preparato seguendo il collaudato sistema a domanda risposta con il lettore adottata nelle precedenti pubblicazioni (Conoscere il Cardiopalmo – Conoscere le Aritmie Cardiache – Ablazione Transcatetere Mediante Radiofrequenza).
In questo libretto viene enfatizzata l’importanza fondamentale dell’attività sportiva per la salute ad ogni età della vita, vengono esposte le possibilità di eventi aritmici nel singolo sportivo, riportate le Leggi di tutela, relative al rilascio dell’idoneità sportiva agonistica in vigore in Italia, tenendo conto dell’eventuale presenza di aritmie cardiache in particolari soggetti. Vengono elencate e spiegate le numerose indagini cardiologiche da basali a complesse e sofisticate idonee ad individuare le aritmie dello sportivo riconoscendone le caratteristiche di benignità o severità.
Viene richiamata l’importanza fondamentale dell’ autoresponsabilizzazione dell’atleta richiesto a segnalare ogni sintomo di allarme tale da mettere in moto l’approfondimento diagnostico cardiologico. Vengono suggerite le regole comportamentali cui attenersi per evitare eventi aritmici in rapporto allo sport con particolare riguardo all’assunzione di sostanze illecite e di abuso. Vengono date informazioni sulla gestione delle aritmie dell’atleta compresi i trattamenti elettrici ablativi o basati sull’impianto di Pace Maker (PM) o di defibrillatori interni (ICD). Viene auspicata una diffusione capillare delle informazioni sulle manovre di rianimazione cardiaca sul campo auspicando che tutti gli atleti e gli operatori sportivi debbano essere in grado di effettuare le manovre basali salvavita (Basal Life Support, BLS).
In particolare viene raccomandato di fronte ad un arresto cardiaco di un atleta o spettatore, di non perdere tempo, di utilizzare immediatamente il defibrillatore semi-automatico esterno (se disponibile) da chi è autorizzato a farlo, chiamare il 118 e facilitare il trasporto al Centro Ospedaliero allertato.
Riccardo Cappato, Francesco Furlanello

Lo sport fa bene al cuore?

Vi è un accordo generale nella medicina moderna sulla fondamentale importanza di un’attività fisica e sportiva regolare nel soggetto di ogni età compreso il bambino e l’anziano, sia per conservare l’efficienza dell’organismo, che per la prevenzione primaria e secondaria delle patologie cardiovascolari.

L’attività sportiva fa bene ad ogni età!

Fra i vantaggi documentati vi è una migliore qualità di vita, la prevenzione di una patologia di usura compresa la riduzione delle masse muscolari (sarcopenia), il raggiungimento di un polso cardiaco più lento e regolare, una ipertrofia fisiologica cardiaca che assicuri una portata circolatoria adeguata allo sforzo, il controllo dei valori tensivi arteriosi.
L’effetto positivo comprende un’azione favorevole sui parametri, glucidici (diabete mellito) su quelli lipidici (più elevato colesterolo HDL, più basso LDL, trigliceridemia nei limiti), sul controllo del peso corporeo, dell’obesità, dell’osteoporosi ed in tutte le patologie collegate alla sedentarietà.

E’ possibile che lo sport attivo ed in particolare l’attività sportiva agonistica possano risultare pericolosi in chi le pratica?

E’ possibile che in singoli soggetti si verifichi quello che viene chiamato il temuto e sfavorevole “paradosso cardiaco ed aritmico” in particolare di una attività come la sportiva che nella popolazione in generale è salutare ed in quella atletica competitiva di elite rappresenta la massima espressione di potenza dell’essere umano. Può verificarsi infatti una imprevedibile sfavorevole progressione di patologie cardiache latenti e di solito ignorate, congenite od acquisite, il che avviene, nell’atleta competitivo, almeno per certi tipi di patologie del muscolo e dello scheletro elettrico del cuore, con incidenza quasi tre volte maggiore che nel pari età sedentario.
Inoltre lo sforzo fisico sportivo, in soggetti predisposti, può provocare l’eversione di aritmie di ogni tipo, compresa la fibrillazione atriale e le ectopie e le tachicardie atriali e ventricolari. Talune aritmie, di solito da sforzo e da impegno psicofisico (chiamate adrenergiche) possono essere gravi fino a provocare, peraltro in rari casi (1/100.000 agonisti praticanti/anno), la tipica morte improvvisa “sul campo” in uno sportivo, anche di elite, fino a quel momento considerato sano.

Vi sono leggi di tutela dello sportivo in Italia?

Vi sono provvedimenti cautelativi che riguardano in modo particolare l’attività sportiva agonistica e sono regolati da Leggi e Decreti emanati dallo Stato Italiano e dalle singole Regioni fin dal 1971. Va precisato che la certificazione dell’idoneità alla pratica agonistica è disciplinata dalla DM 18/02/1982. Inoltre è contemplata e disciplinata dal 1993 anche la certificazione di idoneità per l’atleta disabile (paralimpico). Per quanto riguarda lo sport non agonistico la certificazione di idoneità per il singolo sportivo è demandata e rilasciata dal Medico di Base o dal Pediatra e consiste in pratica in un Certificato di sana e robusta costituzione fisica. Per tutti coloro che effettuano attività sportiva di tipo agonistico la certificazione di idoneità viene rilasciata in diverse età a seconda dello sport, per molte discipline sportive è fissata tra i 10 e 12 anni (per il nuoto, in particolare, inizia a 8 anni) da Medici Specialisti di Medicina dello Sport che appartengono alla Federazione Medico Sportivo Italiana (FMSI), ai quali competono degli obblighi ben stabiliti dalla Legge. In pratica, il certificato di idoneità sportiva agonistica, rinnovato ogni anno o rilasciato a tempo certifica che il soggetto è in grado di effettuare allenamenti e competizioni senza rischio di andare incontro ad eventi sfavorevoli, compresi quelli cardiovascolari, nello specifico sport praticato.

Quali sono i compiti del medico dello sport che rilascia l’idoneità agonistica?

Consistono nelle indagini che vengono classificate di primo livello quali la visita clinica comprensiva di un’attenta raccolta dell’anamnesi e cioè della storia clinica del singolo atleta. Comprende l’esecuzione di un ECG a riposo e da sforzo ed altre indagini come la spirometria, l’esame completo delle urine ed eventualmente del sangue e per certi sport indagini specifiche (ad es.visita oculistica per i piloti). Al Medico Sportivo compete, qualora sia sospetta o molto probabile o certa una patologia ed in particolare una patologia cardiaca e/o una aritmia significativa, avviare lo sportivo ad accertamenti specialistici cardiologici che vengono chiamati di secondo e terzo livello fino al raggiungimento di elementi sufficienti per redigere una certificazione di idoneità o non idoneità allo sport agonistico praticato. Ne deriva che il Medico Sportivo che rilascia il certificato in base anche al giudizio espresso dal Consulente Cardiologo, eventualmente consultato, è tenuto ad esprimere un giudizio positivo o negativo (di solito a scadenza annuale od a tempo 3-6-12 mesi) che è vincolante per ogni singolo atleta.

Quali sono le indagini cardiologiche idonee a diagnosticare le aritmie nello sportivo?

Vengono considerate indagini di secondo e terzo livello quelle effettuabili rispettivamente ambulatoriamente in Laboratori Cardiologici o nell’ambito di osservazione presso Centri Specializzati. Con riferimento all’opuscolo ANA-AritmieConoscere il cardiopalmo” si segnala:
1. Monitoraggio ECG dinamico sec. Holter (dal nome dell’inventore) che consente di registrare tutti i battiti cardiaci delle 24 ore e di valutare quantitativamente e qualitativamente le aritmie nictemerali (diurne e notturne) presenti. Nello sportivo è obbligatoria una verifica delle conseguenze aritmiche dovute allo sforzo includendo nel periodo di registrazione momenti di adeguata attività fisica e se realizzabile una seduta di allenamento o competizione o corrispettivi.
2. Test ergometrico (al cicloergometro od al tappeto rotante) possibilmente con monitoraggio ECG continuativo, con sforzo fisico condotto almeno fino al raggiungimento del 75% della frequenza cardiaca massima teorica in base all’età. Speciali ergometri sono disegnati per lo studio cardiologico dell’atleta paralimpico (es. a manovella). Nell’atleta competitivo il test ergometrico comprende anche la valutazione del consumo di ossigeno ai fini della valutazione della performance.

Il test ergometrico consente attraverso una contemporanea registrazione elettrocardiografica di individuare gli eventi aritmici che si accompagnano allo sforzo

3. Loop recorder esterno (LRE) applicato per circa 2-4 settimane, che consente al soggetto di effettuare attività fisica e vita normale. Trattasi di un registratore di piccole dimensioni e di facile uso idoneo a studiare eventi aritmici non frequenti, dotato di attivazione automatica od auto-attivato del soggetto quando compare il sintomo aritmico.
4. Loop recorder impiantabile (LRI) posizionato sotto cute, a livello toracico anteriore con piccolo intervento chirurgico caratterizzato da dimensioni minimali e capace di una registrazione di circa 36 mesi, in grado di quantificare eventi aritmici saltuari altrimenti non riconoscibili.

ILR – Implantable Lop Recorder è un sistema di ridotte dimensioni impiantato sottocute mediante un piccolo taglio di 2 cm. Registra eventi aritmici fino a 36 mesi

La diagnosi di aritmia nell’atleta si completa nell’effettuazione di tutte quelle indagini che il cardiologo ritiene necessarie per escludere l’esistenza di una patologia cardiaca che le causi o che si accompagni ad esse, quali patologie aritmogene, malattie delle coronarie del muscolo cardiaco, delle valvole e dei grandi vasi, dello scheletro elettrico del cuore, ad origine genetico famigliare.
Questi esami consistono nello studio ecocardiografico color Doppler, nello studio elettrofisiologico all’interno del cuore (studio elettrofisiologico endocavitario), nella coronarografia, nella risonanza magnetica nucleare, nella tomografia cardiaca computerizzata, nello studio genetico dell’atleta e familiari, nell’eventuale biopsia cardiaca.

Quali sono le attività sportive agonistiche?

Sono le competizioni organizzate dalle Federazioni Sportive affiliate al CONI (FIGC, FISI, FIT, FAI (aeronautica), FIA (automobile), FIN (nuoto), etc. comprese quelle che riguardano i Giochi della Gioventù (per le fasi finali) e gli atleti Master. Sono identificati quali atleti competitivi Master soggetti con età superiore ai 35 anni, (25 per il nuoto), che sono tali in quanto partecipano a competizioni agonistiche delle Federazioni Sportive del CONI suddivisi in categorie di età di 5 in 5 anni che comprendono anche età più avanzate, 70 – 75 – 80 ed oltre.
Gli atleti di elite di “Interesse Nazionale ed Olimpico” sono controllati direttamente dal CONI (Istituto di Medicina e Scienza dello Sport di Roma).

Che prevalenza hanno i problemi cardiologici e le aritmie in particolare, nella non idoneità allo sport?

Fra le cause, provvisorie o definitive, di non idoneità sportiva agonistica alla visita medico-sportiva le più comuni (il 60/80% di tutte le non idoneità) sono quelle cardiologiche intese come condizioni che fanno supporre la presenza di una anomalia cardiaca congenita od acquisita incompatibile, salvo un approfondimento permissivo.
La presenza od il sospetto di una aritmia rappresenta a sua volta circa il 40% di tutte le cause cardiache di non idoneità e comporta quasi costantemente una serie di indagini cliniche e strumentali successive fino alla elaborazione di un giudizio definitivo. Quest’ultimo può essere di benignità totale, di necessità di periodici controlli con idoneità a tempo, di non compatibilità per intolleranza o rischio, di rivalutazione dopo guarigione spontanea od a seguito a trattamento specifico (ad es. con ablazione transcatetere con radiofrequenza TC/RF). La visita medico sportiva di idoneità sportiva agonistica rappresenta inoltre nella vita dell’atleta un importante momento preventivo in grado di attirare l’attenzione sulla presenza di anomalie cardiache ed aritmiche in particolare ignorate dall’atleta.

Perché le aritmie cardiache hanno importanza nello sport?

Un’attività atletica effettuata per un periodo sufficientemente critico induce delle modificazioni elettro-genetiche di un cuore normale quali ad esempio la bradicardia che può essere più o meno marcata in base al tipo di sport, alla durata dell’attività sportiva, all’intensità ed alla predisposizione individuale. Queste modificazioni, caratterizzate da un polso lento per attività sinusale modulata dall’influsso neuro-vegetativo conseguente all’attività sportiva, che si adegua aumentando di frequenza in modo proporzionale al tipo di sforzo, alla durata, all’impegno agonistico, sono di solito benigne e marker di un cuore d’atleta.
Le aritmie risultano però incompatibili con l’attività sportiva in due principali condizioni cliniche:
1. quando creano con la loro presenza anche in atleta con cuore normale conseguenze emodinamiche sulla pompa e portata cardiaca non compatibili con il gesto atletico soprattutto qualora realizzino eccessive tachicardie o bradicardie. Esempi tipici sono rappresentati da tachicardie parossistiche atriali (che caratterizzano il famoso cuore matto dello sportivo), dalla fibrillazione atriale e dal flutter atriali rapidi, dalla presenza di una asistolia sinusale o di un blocco atrio ventricolare critici sintomatici (particolarmente durante pause o recupero dopo sforzo) (vedi opuscoli ANA-AritmieConoscere il cardiopalmo” e “Le aritmie cardiache”). Inoltre sono particolarmente importanti eccessivi aumenti o rallentamenti della frequenza cardiaca in sport così detti a rischio intrinseco cioè pericolosi all’atleta ed agli spettatori per le condizioni ambientali nelle quali vengono praticati. Sono tali, oltre a gran parte degli sport estremi, molti sport di pilotaggio, il paracadutismo, l’alpinismo, certi sport subacquei, lo sci da discesa ecc.
2. le aritmie cardiache sono pericolose quando si realizzano nel contesto di una patologia silente, detta cardiomiopatia aritmogena, che l’attività atletica può rivelare anche in soggetti che ne ignoravano la presenza provocando, durante allenamento o competizione gravi sintomi come la sincope (perdita improvvisa di coscienza), l’arresto cardiaco e la morte improvvisa. Ciò avviene di solito nell’atleta nei 90% dei casi durante attività fisica, in soggetti che pur idonei fino a quel momento ad effettuare attività atletica anche ad alti livelli con grande performance, vengono improvvisamente destabilizzati elettricamente. E’ infatti documentato che l’attività sportiva agonistica protratta rivela e fa evolvere patologie cardiache aritmogene sottostanti ignorate e che il singolo gesto atletico può destabilizzare elettricamente, provocando gravi disturbi, un cuore precedentemente asintomatico e ritenuto sano. Il problema fondamentale appare quindi quello di una identificazione precoce del rischio aritmico nel singolo atleta.

Cosa deve fare l’atleta per prevenire le patologie aritmiche ed i gravi eventi conseguenti?

L’atleta competitivo ha il dovere di proteggersi segnalando immediatamente ai familiari, o a qualche responsabile del suo mondo sportivo, ed al proprio medico, la comparsa di sintomi soprattutto in corso di sforzo fisico:

  • cardiopalmo regolare od irregolare, dolori precordiali, mancanza di fiato ingiustificato, calo della performance, perdite anche minori della coscienza, variazioni ingiustificate della pressione arteriosa
  • non deve mai riprendere l’attività fisica intensa fino a che un eventuale evento infiammatorio, soprattutto se febbrile, non sia spento in quanto il soggetto può essere in piena depressione immunitaria e quindi esposto ad eventi infettivi infiammatori. Fra di essi è particolarmente pericolosa la miocardite, frequente causa di aritmie a breve medio e lungo termine anche mortali dovute a reazione infiammatoria acuta o cronica secondaria a localizzazione muscolare cardiaca di batteri o di virus
  • anche lo sportivo non agonista, non obbligato per legge, dovrebbe sottoporsi annualmente ad uno screening cardiologico possibilmente comprensivo di una visita cardiologica con ECG e test da sforzo massimale. Fortemente auspicabile anche lo studio ecocardiografico Color Doppler
  • deve evitare l’assunzione di ogni tipo di sostanza illecita che rientri nelle liste WADA (World Anti-Doping Agency) aggiornate annualmente, inclusi anche integratori farmacologicamente contaminati, in quanto tutte queste sostanze possono provocare effetti collaterali cardiovascolari anche gravi a breve, medio e lungo termine e frequentemente aritmie di ogni tipo, atriali e ventricolari, nonché esporre l’atleta competitivo alla positività dell’eventuale ricerca anti-doping.

L’atleta non deve assumere sostanze illecite, cioè proibite dalla WADA, sia in quanto eticamente inaccettabili che per il pericolo di gravi conseguenze cardiache ed aritmiche in particolare

E’ possibile “guarire” le aritmie dell’atleta?

L’atleta deve essere conscio che molti degli eventi aritmici che può presentare possono essere successivamente considerati e classificati come benigni ed assolti in base a studio cardiologico clinico e strumentale cui viene sottoposto particolarmente da Specialisti esperti ed in Centri Specializzati.
Può essere inoltre considerato guarito quando aritmie transitorie, dovute a cause identificabili (ad es. farmaci, sostanze stimolanti, patologie della tiroide, eventi infiammatori ecc.) sono individuate e risolte.
Può essere infine considerato guarito dopo interventi terapeutici efficaci (come da verifica specialistica dopo qualche mese) che portino alla estirpazione della patologia aritmica quali l’ablazione transcatetere con radio frequenza (TC/RF) o con altro tipo di energia. Questo tipo di procedura,effettuata in Laboratori esperti, è in grado di risolvere in via definitiva situazioni aritmiche che hanno origine ad un percorso curabile con questa metodica quali ad esempio tachicardie parossistiche sopra ventricolari focali o da circuito elettrico nodale o da un by-pass muscolo/elettrico fra la cavità atriale e ventricolare come la sindrome di WPW (vedi opuscolo ANA-AritmieConoscere le aritmie cardiache”). Possono essere curate con successo anche tachicardie ventricolari benigne soprattutto ad origine dalla parte alta del cuore come la tachicardia ventricolare conale destra o sinistra o le tachicardie ventricolari fascicolari benigne in cuore sano. Attualmente è possibile anche identificare ed eliminare aritmie ectopiche atriali e ventricolari focali o da micro rientro di solito ad alta densità numerica qualora incompatibili con l’attività sportiva agonistica. Anche la fibrillazione atriale dell’atleta compreso quello Master, può essere trattata con successo soprattutto se in cuore sano, con l’ablazione transcatetere con radiofrequenza.

L’ablazione transcatetere con radiofrequenza (TTCC/RRFF) può guarire molti tipi di aritmie dell’atleta

Quale attività sportiva è possibile negli atleti portatori di pace-maker (pm) o di defibrillatore (icd)?

Rispettando il diritto del soggetto di effettuare un’attività fisica e sportiva la decisione del rilascio dell’idoneità viene valutata individualmente, in base al tipo di gravità della cardiopatia sottostante e l’importanza di eventuali aritmie sopra o ventricolari nei riguardi dello sforzo fisico.

Ad atleti portatori di elettrostimolatore cardiaco può essere concesso l’idoneità ad attività sportiva a basso impegno cardiovascolare

In linea di massima vengono concesse idoneità per sport a basso impegno cardiovascolare, non agonistici, vanno evitati sia sport di contatto che ad alto rischio intrinseco o che comprendano movimenti ripetitivi dell’arto superiore omolaterale all’impianto.
L’impianto del singolo PM o ICD nell’atleta deve previamente contemplare la continuazione di una certa attività sportiva, essere di minimo ingombro (compatibile con la necessità di funzionamento) e collocato in sede toracico contro-laterale all’arto maggiormente impiegato. Devono essere evitati rischi di traumatismi che danneggino l’elettrostimolatore prevedendo l’utilizzo di sistemi di protezione esterna. Devono essere evitate interferenze elettromagnetiche e considerata la possibilità di deficit di funzione per il PM (mio-potenziali) e per il sistema di ICD di scariche (shock elettrici inappropriati) conseguenti ad es. ad errata interpretazione di elevati aumenti della frequenza cardiaca. Sia per i PM che gli ICD sono peraltro disponibili sistemi di grande sicurezza, di minimo ingombro e di grande duttilità che consentono programmazioni personalizzate, per via telemetrica, dopo l’impianto, adeguate entro certi limiti a consentire un’attività sportiva previamente individualizzata.

Defibrillatore sottocutaneo (S-ICD) senza fili intracardiaci, impiantabile anche in atleti a rischio di arresto cardiaco

Cosa fare in caso di arresto cardiaco di un atleta sul campo?

L’arresto cardiaco (AC) di un atleta competitivo, generalmente ritenuto fino a quel momento sano, avviene nel 90% dei casi in corso di attività fisica-sportiva, allenamento o competizione, più raramente a riposo o di notte. L’AC è dovuto prevalentemente (circa 90% dei casi) ad una aritmia potenzialmente mortale se non interrotta tempestivamente, la fibrillazione ventricolare che rende del tutto inefficace la pompa cardiaca bloccando totalmente l’afflusso del sangue agli organi vitali. La possibilità di sopravvivenza cala del 10% ogni minuto che passa e dopo 5/6 minuti il cervello subisce danni irreversibili che impediscono il recupero del soggetto anche se rianimato. L’unico trattamento efficace e comprovato è la defibrillazione ventricolare precoce con un defibrillatore esterno (DEA) abbinato ad una corretta rianimazione cardiopolmonare. Il DEA è un sistema in grado di segnalare su un display la presenza della fibrillazione ventricolare, guidando l’erogazione di shock elettrici trans-toracici efficaci, attraverso piastre facilmente applicate sul petto del soggetto.

Consiste in un apparecchio di ridotto peso od ingombro, robusto, alimentato a batteria, di prezzo sempre più accessibile, concepito
per essere impiegato in modo semplice ed efficace sia da parte di personale Sanitario anche non medico nonché da personale non Sanitario “formato”, cioè legalmente abilitato con certificato annuale rinnovabile, attraverso un breve Corso organizzato dalle Regioni o Province Autonome Italiane, tenuto da Istruttori tecnici per l’emergenza come da Decreto del Ministro della Salute 18.03.2011.
La necessità di un corso, pur breve, di formazione è necessaria in quanto l’operatore deve saper usare il DEA con rapidità, sicurezza ed efficacia erogando lo shock di defibrillazione secondo le indicazioni espresse automaticamente dall’apparecchio La possibilità di utilizzare il DEA da persone non sanitarie né mediche, purché abilitate, si configura nel PAD, Public Access Defibrillation, sistema organizzativo che rappresenta un pregresso fondamentale nella lotta contro l’arresto cardiaco compreso quello dell’atleta! Il DEA secondo il Decreto di cui sopra è previsto in tutti i luoghi frequentati nei quali si pratica attività sportiva agonistica e non agonistica compresi stadi e palestre, tenendo conto anche della necessità di eventuale soccorso a pubblico e spettatori presenti.

In conclusione: in caso di arresto cardiaco sul campo si deve intervenire immediatamente con le manovre cardiorespiratorie basali, con l’applicazione diagnostica e terapeutica del DEA, con il suo utilizzo da parte di persone abilitate e contemporaneamente procedendo alla immediata richiesta d’intervento dei mezzi di soccorso e trasporto al Centro Ospedaliero allertato. Tutti gli atleti ed operatori sportivi devono essere in grado di prestare le prime manovre di rianimazione (Basal Life Support, BLS) ed un numero maggiore possibile dovrebbe essere “certificato” dall’uso del DEA.

In caso di arresto cardiaco di un atleta sul campo, non perdere tempo ed iniziare immediatamente le manovre rianimatorie, utilizzare il defibrillatore esterno semiautomatico se abilitati ad usarlo, chiamare il 118

Promuovere la conoscenza della diagnosi e terapia, assicurare la miglior
qualità di vita per ogni paziente con aritmie cardiache

Opuscolo informativo a cura di:

Prof. Francesco Furlanello
Senior Consultant Centro di Aritmologia ed Elettrofisiologia Clinica – IRCCS Policlinico San Donato (MI)
Casa di Cura Villa Bianca (Trento) – Coordinatore Nazionale ANA-Aritmie
Chairman

Dott. Antonio Pelliccia
Direttore Scientifico dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport – CONI – Roma
Collaboratore alla revisione

Dott. Franco Giada
Responsabile Unità Prescrizione Esercizio Fisico e Cardiologia Riabilitativa – Noale (VE)
Collaboratore alla revisione

Dott. Antonio Sorgente
Centro di Aritmologia ed Elettrofisiologia Clinica – IRCCS Policlinico San Donato (MI)
Collaboratore alla revisione

Paolo Coroneo
Dipartimento Grafica ANA-Aritmie – Disegni – IRCCS Policlinico San Donato (MI)

Silvia E. A. Siminelli
Segretario Generale ANA-Aritmie

Dott. Riccardo Cappato
Direttore Centro di Aritmologia ed Elettrofisiologia Clinica – IRCCS Policlinico San Donato (MI)
Presidente ANA-Aritmie
Chairman

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER LE ARITMIE

Costituita in Atto formale il 02/05/2010 con Sede in
Via Turati, 26 – 20121 MILANO, affiliata ad Arrythmia Alliance UK.
Organizzazione Registrata al N. 97555830153
Sede Legale Via Turati, 26 – 20121 Milano
Sede Operativa Via Palmanova 213/A – 20132 Milano
Tel. 02 25 62 949 – Fax 02 25 62 949 – E-mail: info@anaaritmie.org
Web site: www.anaaritmie.org

E’ un ente di diritto privato senza fine di lucro che intende uniformarsi, nello svolgimento della propria attività, ai principi di democraticità interna e della struttura, di elettività, di gratuità delle cariche associative ed ha lo scopo di:

  • Alleviare gli effetti delle Aritmie Cardiache e fornire supporto e informazione a coloro che ne soffrono; particolare riguardo è posto verso i trattamenti disponibili e l’accesso a questi ultimi
  • Accrescere l’educazione del personale medico e dell’opinione pubblica sulle Aritmie Cardiache e sulle loro implicazioni per i pazienti e la famiglia
  • Promuovere la ricerca nella diagnosi e nella gestione delle Aritmie Cardiache e supportare la pubblicazione dei risultati di tali studi.

L’iscrizione per i Soci che entrano a far parte dell’Associazione è gratuita ed è di fondamentale aiuto per la diffusione nella popolazione di ogni età del progetto ANA-Aritmie.
Il Presidente dell’Associazione è il Dott. Riccardo Cappato Direttore Centro di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia IRCCS San Donato Milanese.

Inviare il presente modulo al n. di Fax: 02 25 62 949 o E-Mail: info@anaaritmie.org

 

DELLA STESSA SERIE:

CONOSCERE LE ARITMIE CARDIACHE

ARITMIE E SPORT: GUIDA PRATICA PER LA POPOLAZIONE DI OGNI ETA’

CONOSCERE IL CARDIOPALMO

ABLAZIONE TRANSCATETERE MEDIANTE RADIOFREQUENZA

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CARDIOPATIA E SPORT: LE PRECAUZIONI

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  • Quindi, chi ha problemi cardiaci non può fare sport? Assolutamente no! L’attività fisica deve essere praticata, ma bisogna avere alcune accortezze.

Esercizio fisico e salute del cuore

L’attività fisica regolare fa molto bene al nostro cuore: lo rende più forteriduce i livelli elevati di pressione arteriosa (ipertensione)di colesterolo (ipercolesterolemia) e di glicemia (iperglicemia), aiuta a mantenere un corretto peso corporeo ed è stato scientificamente dimostrato che migliora l’umore e lo spirito.

  • L’aterosclerosi (malattia che porta a un progressivo ispessimento delle pareti dei vasi sanguigni e a una loro graduale ostruzione, dovuta soprattutto al deposito di grassi) è uno dei principali problemi cardiaci in tutto il mondo. Questa patologia è anche una delle principali cause di eventi cardiaci durante la pratica sportiva nelle persone con più di trentacinque anni.
  • L’esercizio fisico aiuta a prevenire la malattia aterosclerotica e, nel complesso, i benefici dell’attività fisica regolare superano il rischio di eventi cardiaci, anche in persone con coronaropatia. Ciò nonostante, bisogna sapere come muoversi in modo sicuro.

Prima di iniziare l’attività fisica

Prima di cominciare a fare esercizio fisico è fondamentale consultare un medico o, se sono già presenti problemi cardiaci, un cardiologo dello sport. Potrebbe infatti essere necessario eseguire dei test, come l’elettrocardiogramma (ECG) con prova da sforzo, per capire quanta e quale tipo di attività fisica è possibile fare.

  • Chi ha un problema alle coronarie (vasi che portano sangue e nutrimenti al cuore) oppure ha da poco risolto il problema con un intervento chirurgico (bypass aorto-coronarico) o non chirurgico (coronarografia con angioplastica), prima di cominciare a praticare attività sportiva in autonomia, è bene che intraprenda l’attività fisica all’interno di un programma di riabilitazione cardiaca, che prevede una prescrizione personalizzata e individuale dell’esercizio fisico da svolgere.
  • La cosa importante è non avere fretta di riprendere: ognuno ha i suoi tempi, che dipendono dalla propria storia cardiaca e dallo stato di salute generale di cuore e corpo. Una minima quantità di esercizio, inoltre, è sempre meglio che non allenarsi affatto!

Quale attività fisica per i cardiopatici?

Cardiopatia-ischemica

Il consiglio, se si soffre di cuore, è di prediligere l’attività aerobica (passeggiate, giri in bicicletta, nuoto a bassa intensità, cyclette, ecc.), cercando di non superare mai la frequenza cardiaca massima che il cardiologo ci ha consigliato durante l’ECG sotto sforzo. Anche l’esercizio fisico di resistenza (attività anaerobica) è importante, perché rafforza i muscoli e aiuta a svolgere le attività quotidiane con meno fatica (es. portare le borse della spesa, le confezioni d’acqua pesanti, ecc.), tuttavia, può essere davvero impegnativo per il cuore.

  • Pertanto, è consigliabile non superare le 8-10 ripetizioni dell’esercizio anaerobico, con un recupero di almeno 2 minuti tra una serie e l’altra, iniziando dapprima senza i pesi e poi aggiungendo gradualmente piccoli pesi ogni volta, ma senza mai superare il limite oltre il quale la ripetizione dell’esercizio diventa faticosa.
  • È sempre meglio fare più ripetizioni, brevi e intervallate, con un peso leggero o senza pesi, piuttosto che poche ripetizioni ma con pesi pesanti. In ogni caso, è sempre meglio consultare un medico specialista prima di cominciare a fare qualsiasi serie di esercizi.

Cardiopatici e sport: come iniziare l’esercizio

Per preparare il corpo e il cuore all’attività fisica occorrono:

  1. 10-15 minuti di esercizi di riscaldamento e stretching (allungamento dei muscoli), indispensabili per preparare i muscoli, tra cui anche il cuore, all’attività fisica. In alternativa, bisogna scaldare almeno le braccia facendo dei movimenti rotatori.
  2. Lentezza e gradualità nei movimenti. È bene partire dalle attività aerobiche, come fare una passeggiata al parco o un giro in bicicletta. All’inizio, non bisogna avere fretta, bisogna andare piano, poi si può aumentare man mano il rimo della camminata o della pedalata per 3 minuti.
  3. Obiettivi realistici e raggiungibili. Darsi degli obiettivi per intraprendere l’attività fisica va bene, ma non bisogna mai esagerare. Se fissi degli obiettivi troppo difficili e non li raggiungi, potresti sentirti scoraggiato/a e perdere la voglia di allenarti in futuro. La prima volta, ad esempio, puoi camminare o pedalare lentamente per 10-15 minuti, poi puoi accelerare un po’ il passo per altri 1-2 minuti. L’obiettivo minimo è raggiungere 30 minuti al giorno di camminata a velocità moderata per almeno 3 giorni a settimana e, quando si è ben allenati, si può pedalare, camminare a ritmo sostenuto o fare jogging anche per 6 ore a settimana, sempre ascoltando i segnali che il corpo ti manda.
  4. Autocontrollo. Occorre smettere gradualmente di camminare o pedalare. Non fermarti in modo brusco, non sederti subito, impiega almeno 3 minuti per ridurre la velocità del tuo andamento a un ritmo normale. Dai tempo al tuo corpo di defaticare e raffreddarsi e al tuo cuore di ridurre le pulsazioni.
  5. Compagnia. Le prime volte, cammina o pedala con qualcuno oppure non allontanarti troppo da casa, cosicché non ti risulti troppo difficile rientrare.
  6. Costanza. Il consiglio è di ripetere l’allenamento almeno 3 volte a settimana, o di più se te la senti. Non è importante solo quanta attività fisica fai, ma anche quante volte la fai.

Precauzioni durante l’attività fisica

Sono tanti i fattori che possono influire sulla capacità di fare esercizio, inclusi gli eventuali farmaci che si assumono, perciò: non avere fretta!

  • Evita di svolgere attività fisica nelle ore più calde della giornata e fai attenzione anche a ciò che indossi: con troppi strati addosso rischi di avere troppo caldo durante l’attività fisica e può essere pericoloso. Indossa vestiti e scarpe comode, se vai in bici indossa anche il casco.
  • Se fuori fa freddo, chiedi al tuo medico se sia opportuno che tu faccia attività fisica all’aperto. Se il medico te lo concede, copri bene naso e bocca quando esci. Ricorda però che quando fa freddo non è consigliabile fare sforzi fisici, come spalare la neve.
  • Attenzione al respiro. Se, mentre fai attività fisica, hai il fiatone tanto da non riuscire più a parlare o a canticchiare, significa che hai superato il tuo livello moderato di intensità (talk test). In questo caso, rallenta e non fare sforzi eccessivi.
  • Prenditi delle pause prima di stancarti troppo. Se ti senti troppo stanco/a, hai mancanza di fiato o dolore al petto, fermati subito e, se non passa, chiama aiuto.

Dieta per ottimizzare le tue performance

Per avere muscoli forti, tonici e migliorare sempre di più il tuo allenamento quotidiano non devi soltanto essere costante nella pratica, ma occorre anche seguire un’equilibrata alimentazione e, soprattutto, assumere le giuste quantità di proteine, in particolare di aminoacidi ramificati. Questi ultimi hanno una funzione molto importante: accelerano la riparazione delle microlesioni muscolari prodotte dall’esercizio (comunemente ma erroneamente detto “acido lattico”), stimolano l’aumento della massa muscolare, rallentano l’invecchiamento dei muscoli e riducono l’appannamento mentale da affaticamento. Un alimento che contiene buone quantità di aminoacidi ramificati è Grana Padano DOP. Questo formaggio è naturalmente privo dello zucchero del latte, pertanto può essere consumato in tranquillità – nelle giuste quantità e frequenze – dagli intolleranti al lattosio, inoltre, tra i formaggi comunemente consumati, apporta la maggiore quantità di calcio, minerale indispensabile per la salute delle ossa, soprattutto dopo i 50 anni. Grana Padano DOP contiene tante proteine ad alto valore biologico (inclusi i 9 aminoacidi essenziali e i già citati ramificati, quali valina, isoleucina e leucina), ma anche vitamina B2 e B12, vitamina A e minerali antiossidanti come zinco e selenio.

  • Puoi utilizzare un cucchiaio di Grana Padano DOP grattugiato anche tutti i giorni per condire i primi piatti, le minestre e i passati di verdure al posto del sale.

Bibliografia essenziale

1- 2020ESCGuidelines on sports cardiology and exercise in patients with cardiovascular disease.
Pelliccia A, Sharma S, Gati S, Bäck M, Börjesson M, Caselli S, Collet JP, Corrado D, Drezner JA, Halle M, Hansen D, Heidbuchel H, Myers J, Niebauer J, Papadakis M, Piepoli MF, Prescott E, Roos-Hesselink JW, Graham Stuart A, Taylor RS, Thompson PD, Tiberi M, Vanhees L, Wilhelm M; ESC Scientific Document Group.Eur Heart J. 2021 Jan 1;42(1):17-96. doi: 10.1093/eurheartj/ehaa605.

2- Brief recommendations for participation in leisure time or competitive sports in athletes-patients with coronary artery disease: Summary of a Position Statement from the Sports Cardiology Section of the European Association of Preventive Cardiology (EAPC).
Borjesson M, Dellborg M, Niebauer J, LaGerche A, Schmied C, Solberg EE, Halle M, Adami PE, Biffi A, Carré F, Caselli S, Papadakis M, Pressler A, Rasmusen H, Serratosa L, Sharma S, van Buuren F, Pelliccia A.Eur J Prev Cardiol. 2020 May;27(7):770-776. doi: 10.1177/2047487319876186

3- Recommendations for participation in leisure-time physical activity and competitive sports of patients with arrhythmias and potentially arrhythmogenic conditions. Part 2: ventricular arrhythmias, channelopathies, and implantable defibrillators.
Heidbuchel H, Arbelo E, D’Ascenzi F, Borjesson M, Boveda S, Castelletti S, Miljoen H, Mont L, Niebauer J, Papadakis M, Pelliccia A, Saenen J, Sanz de la Garza M, Schwartz PJ, Sharma S, Zeppenfeld K, Corrado D.Europace. 2021 Jan 27;23(1):147-148. doi: 10.1093/europace/euaa106.

4- 2021 ESC Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice
Visseren FLJ,et al. Eur Heart J . 2021 Sep 7;42(34):3227-3337.  doi:10.1093/eurheartj/ehab484

A cura di:
Dott.ssa Silvia Castelletti
Cardiologo presso l’Istituto Auxologico Italiano IRCCS Milano

 

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